di SALVATORE ROSSI

Vorrei esordire ricordando qual è il mandato che il nuovo Codice delle assicurazioni affida all’IVASS. Lo scopo principale è proteggere gli assicurati e gli aventi diritto alle prestazioni assicurative. La legge ci indica tre obiettivi intermedi: vigilare innanzitutto sulla sana e prudente gestione delle imprese, affinché siano in grado di mantenere gli impegni assunti nei confronti degli assicurati, poi sulla loro trasparenza e correttezza nei confronti della clientela, infine sulla stabilità sistemica. Dallo spirito e dalla lettera della legge si deduce che queste finalità vanno perseguite in modo sinergico, non conflittuale.
Dunque la tutela del consumatore di prodotti e servizi assicurativi, il secondo dei tre obiettivi intermedi prima elencati, è parte integrante della nostra vigilanza. Le previsioni di legge che la richiedono e ce la affidano sono fondate su un ampio corpus di teoria economica, che vorrei molto brevemente ripercorrere.

Il quadro concettuale e il dibattito internazionale
Sappiamo da tempo che il libero agire delle forze del mercato e della concorrenza può a volte “fallire” nel compito di rendere massimo il benessere collettivo. Ne sono causa: fenomeni, non rari, di asimmetria informativa; la presenza di esternalità o beni pubblici; l'insorgere di un potere di mercato. Fenomeni che impediscono alla concorrenza di far agire pienamente i suoi effetti benefici.
Nei mercati finanziari, i "fallimenti del mercato" si producono per lo più a causa di asimmetrie informative tra gli intermediari e i loro clienti. A volte accade che siano i clienti a saperne di più, come quando una piccola impresa dai bilanci opachi chiede credito a una banca. Altre volte sono le imprese finanziarie a saperne di più, come quando una banca o un'assicurazione offrono a un piccolo risparmiatore un prodotto complesso. In entrambi i casi chi dispone di più informazioni è tentato di avvantaggiarsene. Nel secondo caso la sproporzione di forze fra i contraenti – un soggetto collettivo contro un individuo – richiede una tutela pubblica del soggetto più debole.
Ad esempio, la quota di un fondo comune di investimento o una polizza assicurativa unit linked sono tipici credence goods, cioè prodotti che vengono di norma acquistati dal singolo risparmiatore "sulla fiducia", senza alcuna possibilità concreta di verificarne il vero valore relativo rispetto a prodotti concorrenti. Il risparmiatore si deve fidare di quel che gli propone la banca o la compagnia assicurativa. A parte casi di vera e propria frode, se al risparmiatore viene proposto non il miglior prodotto dal punto di vista delle sue esigenze, ma il secondo della lista, o il terzo, che è ancora per lui conveniente ma è un po' più a favore del venditore, egli potrebbe non accorgersene mai e il venditore non subire alcuna perdita di reputazione. Da qui la necessità di un'autorità pubblica di tutela.
L'oggettiva debolezza di chi consuma prodotti e servizi finanziari può essere accentuata da sue limitazioni cognitive, che vanno certamente a suo danno, ma possono anche ritorcersi a svantaggio degli stessi intermediari finanziari. Esempio classico ne è la preferenza eccessiva per il benessere presente a scapito di quello futuro, che si riflette in scelte miopi di sottoassicurazione o nella ricerca di rendimenti di breve periodo. La scarsa alfabetizzazione economico-finanziaria non aiuta a contrastare questi comportamenti.
Ribadisco che tali fattori distorsivi del mercato non producono danni solo ai consumatori, ma anche alle imprese finanziarie. Se da un lato possono darsi casi in cui i consumatori siano indotti ad acquistare più di quanto necessario, oppure ottengano meno di quanto sarebbe loro dovuto per un dato prezzo (fenomeni cosiddetti di overtreatment o undertreatment), dall'altro lato la diffusa percezione di correre tali rischi quando ci si accosti a prodotti e servizi finanziari mina la loro fiducia in quel mercato e ne riduce l'utilizzo, quindi comprime la scala di attività delle imprese.
Gli organismi e le istituzioni internazionali – dal G20 all'OCSE, alle istituzioni europee – hanno dedicato grande attenzione a questi temi negli ultimi anni. L’orientamento condiviso rimane a favore di una combinazione di regole efficaci e di attenta verifica della loro applicazione, ma con una maggior enfasi sulla responsabilizzazione dei consumatori.
In fatto di regole l'approccio nelle sedi internazionali è però molto cambiato. A lungo si era puntato sulla trasparenza, per risolvere direttamente il problema delle asimmetrie informative. Oggi si è capito che, da sola, la trasparenza non funziona. Messi di fronte a informazioni che oltrepassano una certa soglia quantitativa, i consumatori non riescono a processarle nei loro meccanismi cognitivi. Oppure possono giudicare irrilevanti alcune di esse, come ad esempio l'entità delle commissioni in caso di ritardato pagamento, se sono convinti che a loro non succederà; quindi, non vi prestano alcuna attenzione.
Oggi si tende a ritenere che le informazioni da mettere a disposizione del cliente di una banca o di un'assicurazione debbano essere semplici, facili da comprendere, e al tempo stesso significative; che l’eccesso di regole tenda a favorire il loro aggiramento; che vada sempre contrastata la demagogia, come quella che, per esempio, abbiamo visto praticata negli Stati Uniti negli anni in cui montava il fenomeno dei mutui subprime, che avrebbe poi fatto da innesco alla crisi finanziaria globale.
Fatte delle buone regole, ne va assicurata l'applicazione da parte delle imprese. Le autorità di vigilanza possono usare una combinazione di strumenti: preventivi (analisi di dati appositamente raccolti, verifica costante dei prodotti e delle pratiche di vendita, ispezioni) e successivi (gestione dei reclami, sanzioni).  Può aiutare l’autoregolamentazione delle imprese.
I clienti vanno d'altro canto responsabilizzati, accrescendo in loro la consapevolezza dei fondamenti della razionalità economico-finanziaria: combinazione rischio/rendimento, preveggenza di lungo termine. Essi non possono essere perennemente confinati in una condizione di minorità psicologica e culturale, che li rende non solo esposti alle possibili soperchierie delle imprese, ma anche alla cattura da parte dei "professionisti della tutela".

L'evoluzione del quadro normativo europeo
In Europa si sta in questo momento discutendo intorno a due importanti strumenti normativi: la Insurance Mediation Directive (IMD2) e il Regolamento sui Packaged Retail Investment Products (PRIPS).
La IMD2 intende riformare la disciplina dell’intermediazione assicurativa dopo 13 anni dall’adozione della precedente Direttiva. Durante il semestre di presidenza italiana dell'Unione sono stati fatti importanti passi avanti: l'IVASS ha sostenuto e indirizzato i lavori del Consiglio, favorendo l’importante risultato di sbloccare un negoziato che era fermo da due anni. L’adozione definitiva della Direttiva è ormai imminente.
Il Regolamento sui PRIPS mira a uniformare i requisiti di trasparenza dei prodotti di investimento retail, tra cui alcuni prodotti assicurativi "vita". Esso detterà una disciplina unitaria per i prodotti finanziari e assicurativi che presentano caratteristiche simili, direttamente applicabile nelle diverse giurisdizioni nazionali.  
Anche l'EIOPA è molto attiva sul fronte della tutela del consumatore. Tra i supervisori europei è condivisa l’idea che, soprattutto dopo la crisi globale, le tradizionali misure di regolazione e vigilanza in questo campo, incentrate nella trasparente informativa precontrattuale, non siano più sufficienti a tutelare i consumatori efficacemente e visibilmente.
L'EIOPA sta riflettendo su come l'innovazione tecnologica cambi i canali distributivi e le relazioni con i consumatori; su come meglio definire propri poteri di vigilanza sul disegno e la distribuzione dei prodotti per evitare rischi o svantaggi per i consumatori, soprattutto a seguito degli adattamenti a Solvency 2.

L'azione dell'IVASS
L'azione dell'IVASS nel campo della tutela dei consumatori si sta articolando in interventi di portata generale, alcuni dei quali ancora in corso. Essi sono scaturiti da nostre indagini, ma anche da segnalazioni dei consumatori.
Una prima serie di interventi nasce da un'indagine a cui abbiamo dato il nome di "Sei assicurato e forse non lo sai". Ne sono oggetto i fenomeni di cross-selling, cioè l'abbinamento di polizze assicurative a prodotti o servizi di natura non assicurativa. L'indagine sta facendo luce su un fenomeno che coinvolge più di 15 milioni di italiani, a cui vengono offerti oltre 1.600 tipi diversi di "pacchetti" derivanti da accordi commerciali tra imprese di assicurazione e operatori economici di varia natura: fornitori di energia elettrica, gas e acqua, banche, agenzie di viaggi e tour operators, concessionari automobilistici, aziende di trasporto marittimo o aereo.
Si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il mondo. Se ne è occupato di recente anche il Joint Committee delle tre istituzioni europee di vigilanza finanziaria, EBA, ESMA ed EIOPA, il quale ha sottolineato come si tratti di pratiche di mercato che possono essere favorevoli ai consumatori, ad esempio perché ne riducono i costi di ricerca delle combinazioni desiderate. Il consumatore va però messo in grado di scegliere se accettare o no la vendita congiunta, valutando costi e caratteristiche di ogni componente.
Ora, le prime evidenze della nostra indagine fanno emergere casi di scarsa trasparenza di queste offerte “combinate”: a volte i consumatori non sono neanche consapevoli di stare sottoscrivendo una polizza assicurativa, pagandone il relativo premio; quindi, non l'azioneranno al bisogno, richiedendo l’indennizzo  dovuto.
Per cominciare, stiamo concentrando l'attenzione sulle polizze abbinate ai contratti di fornitura di energia elettrica, gas e acqua: 2 milioni di assicurati e oltre 33 milioni di euro di premi. L'iniziativa è congiunta con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) – a cui compete la vigilanza sulle pratiche commerciali scorrette – e con l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI). Stiamo sentendo 20 operatori energetici e 13 compagnie di assicurazione per comprendere meglio la portata del fenomeno, le modalità con cui servizi energetici e idrici e polizze abbinate sono offerti ai clienti, la frequenza con cui le polizze vengono azionate in caso di sinistro.
Un’altra azione congiunta la stiamo sviluppando con la Banca d’Italia a proposito di polizze vendute da banche in abbinamento a finanziamenti (PPI): lo scorso 5 giugno abbiamo anticipato alle associazioni di categoria di imprese di assicurazione, banche e società finanziarie e alle associazioni dei consumatori le linee dell’intervento che intendiamo attuare affinché nell’offerta di queste polizze, che mirano a proteggere la capacità di rimborso del finanziamento, vi sia piena correttezza da parte di tutti: le polizze devono essere disegnate dalle compagnie in modo da corrispondere alle effettive esigenze dei sottoscrittori; nella vendita da parte delle banche non devono esservi "forzature" più o meno esplicite. Stiamo analizzando in questi giorni i commenti ricevuti dai partecipanti all'incontro. Stiamo anche progettando un’analoga azione congiunta riguardante le polizze vendute in abbinamento a conti correnti e carte di credito.
Un caso speciale è quello delle polizze assicurative "RC auto" offerte gratuitamente da concessionari automobilistici all'atto dell’acquisto di una vettura. La segnalazione ci è venuta da associazioni di consumatori. Qui il contraente è pienamente consapevole di stare sottoscrivendo una polizza, anzi è attratto dalla sua convenienza. Quello che spesso non sa è che, alla scadenza del periodo in offerta promozionale, egli perde la classe di merito maturata e i benefici della "legge Bersani". Dopo un confronto tecnico con l’industria assicurativa, abbiamo indicato alle imprese come rimediare, annullando la condizione di sfavore per gli assicurati e rimborsando i maggiori premi eventualmente da questi pagati.
Riepilogando, non c'è nulla di male, anzi, nell'abbinare una polizza assicurativa contro il rischio di incendio a una fornitura di gas, o una polizza sanitaria a un mutuo, o una polizza RC auto a un'automobile. A patto che il consumatore lo sappia. E che, sapendolo, ne comprenda a fondo  caratteristiche e conseguenze, e possa eventualmente rifiutare.
Certe forme di cross selling “spinto” non possono essere la risposta alla cronica sottoassicurazione degli italiani. Forzare loro la mano non serve, è anzi dannoso, perché ne mina la fiducia nell’intero sistema.   
Un altro intervento è scaturito da un’indagine che abbiamo condotto sui siti internet che offrono ai consumatori un servizio gratuito di comparazione fra le offerte di polizze RC auto da parte delle diverse compagnie. Volevamo verificare la  trasparenza e la correttezza del servizio. Sono emersi problemi: la comparazione finiva per favorire compagnie da cui quei siti ottenevano sostegno finanziario. Abbiamo chiesto agli operatori coinvolti misure correttive. Ne è nata una generale revisione dei siti comparativi che ha portato a un miglioramento diffuso del servizio: l’utente ha ora più chiari l'eventuale natura commerciale della comparazione, il numero delle imprese confrontate e la relativa quota di mercato; si cerca di basare la comparazione non solo sul prezzo ma anche sui contenuti delle polizze.
Abbiamo, in questo come in altri casi, agito in stretta collaborazione con l’AGCM. Crediamo profondamente nella cooperazione con le altre Autorità, per evitare che la tutela dei consumatori soffra di inefficienti duplicazioni o, all'opposto, di pericolose lacune.
Le associazioni dei consumatori sono per noi un ausilio prezioso. Ascoltare la loro voce ci consente di rimanere con i piedi per terra, vicini ai bisogni concreti delle persone che siamo chiamati a tutelare. Dal 2012 ci incontriamo con le associazioni ogni tre mesi.    
Altrettanto importante è per noi il contatto diretto con i singoli assicurati. Come ho ricordato una settimana fa, nel 2014 abbiamo gestito 26.000 reclami e 43.000 telefonate al call center. Un flusso informativo che ci ha consentito di individuare motivi ricorrenti di insoddisfazione e di porvi rimedio attraverso azioni mirate su singole imprese, fino a disporre accertamenti ispettivi, da cui sono a volte scaturite sanzioni e richieste di piani di riallineamento.  
Un terreno delicato che ci vede impegnati da tempo è quello delle assicurazioni "esterovestite". Il fenomeno è noto: su segmenti di mercato che le imprese nazionali trovano poco convenienti, come quelli delle cauzioni per pubblici appalti e delle assicurazioni per i medici e gli ospedali, si presentano compagnie giuridicamente appartenenti ad altri paesi dell'Unione europea, sovente la Romania, protette dalla legislazione europea sulla libera prestazione di servizi, che offrono polizze a prezzi bassi. In quelle compagnie sono visibilmente coinvolti soggetti italiani dalla reputazione dubbia. Le loro condotte di mercato sono anch'esse dubbie.
Abbiamo vietato di operare in Italia a tre compagnie rumene, invocando norme nazionali – attuative di disposizioni comunitarie – che consentono alla Autorità del paese ospitante di intervenire con ogni misura a disposizione quando manchino o siano inadeguate le misure dell’autorità del paese d’origine, oppure vi sia l’urgenza di tutelare gli assicurati e i beneficiari italiani. I provvedimenti di divieto stanno resistendo con successo in giudizio ai ricorsi delle compagnie colpite. Abbiamo intensificato le richieste di collaborazione con le Autorità di vigilanza dei paesi coinvolti. L'Autorità rumena, anche su nostra sollecitazione, ha recentemente vietato di operare a una quarta compagnia.

Il dialogo con le compagnie
Lo scorso 23 giugno ho richiamato la necessità che il rapporto tra il mercato assicurativo e l'Istituto chiamato a vigilare su di esso evolva verso forme più adulte, venendo a fondarsi su una condivisione di valutazioni dei rischi. Lo dicevo con riferimento alla vigilanza prudenziale, alla luce di Solvency 2 che quella condivisione facilita fornendo un linguaggio comune; ma vale anche per la vigilanza sui rapporti con la clientela.
Una compagnia di assicurazione corre innanzitutto rischi di tipo finanziario, inerenti al fatto che assume impegni certi a lungo termine con i sottoscrittori delle polizze e con gli aventi diritto ai rimborsi, a fronte dei quali investe le risorse raccolte in attività dal valore per definizione incerto. Ma corre anche il rischio di perdere quote di mercato, o di finire impelagata in contenziosi legali abnormi, se tratta male i suoi clienti. Comprendere, misurare e mitigare i rischi dell'uno e dell'altro tipo è un problema sia per la compagnia sia per l'Autorità di vigilanza.
Anche nel campo dei rapporti con i clienti è necessario un linguaggio comune di analisi. Esso è più facilmente sviluppabile se i consigli di amministrazione sono direttamente coinvolti in questa materia.
Abbiamo auspicato, come è noto, un più diretto coinvolgimento dei consigli anche nella materia dei rischi finanziari. Stiamo loro chiedendo troppo? No, se chiediamo ai consigli di occuparsi di questioni di sostanza e non di mera compliance legalistica.
Le politiche commerciali dell'impresa sono al cuore della strategia aziendale. È assolutamente strategico stabilire a che punto collocarsi nel trade-off fra redditività nel breve periodo e rischi reputazionali e legali nel lungo. In parole povere, quanto si può tirare la corda, senza spezzarla, nel proporre alla clientela prodotti complessi, nell'orientare gli incentivi alla rete di vendita solo verso i volumi, nel resistere alle pretese risarcitorie dei danneggiati. È una decisione che spetta agli organi di vertice dell'azienda.
Nella nostra esperienza di vigilanza, anche ispettiva, sui rapporti imprese/clienti abbiamo appreso alcune lezioni: che prodotti complessi nella costruzione e nel linguaggio, al punto da mettere in crisi la stessa rete di vendita che li deve spiegare, sono fatalmente destinati ad accrescere la conflittualità con i clienti; che prezzi non coerenti con la qualità del prodotto o del servizio alla fine vengono notati dalla clientela; che incentivi distorti di marketing portano a vendere prodotti la cui rispondenza alle esigenze assicurative del cliente viene verificata solo formalisticamente e, di nuovo, alla lunga la clientela se ne accorge.   
Altro tema delicato è quello di fusioni o scissioni che possano interessare le “gestioni separate” di polizze “vita” a prestazioni rivalutabili e garanzia di rendimento minimo. Una compagnia che intenda modificare il perimetro delle sue gestioni separate deve avere in primo luogo presente l’interesse dei contraenti, non può concepire operazioni del genere solo in funzione della redditività o dell’assorbimento di capitale. La disciplina vigente chiede all’IVASS molta attenzione a questo profilo.
Abbiamo chiesto di recente, in occasione della revisione del nostro Regolamento sulla gestione dei reclami, che i consigli di amministrazione adottino una politica di equo trattamento degli assicurati. Ci aspettiamo che non sia vissuta come una mera attività di compliance, ma che sia l’occasione per ripensare in chiave critica le strategie di relazione con la clientela.
Sempre sul fronte dei reclami, abbiamo peraltro aderito all’istanza dell’industria assicurativa di alleggerire taluni adempimenti amministrativi: dal 1° luglio 2015 i riferimenti all'IVASS sui reclami gestiti dalle stesse imprese saranno semestrali e non più trimestrali, dando così maggiore profondità alle analisi sulle cause che ne sono all'origine.

Gli intermediari assicurativi
L’IVASS rivolge com’è noto la sua azione di vigilanza anche ai singoli intermediari assicurativi (agenti, broker e loro collaboratori; banche e altri intermediari finanziari in veste di distributori di prodotti assicurativi). Si tratta di circa 245.000 soggetti (oltre 196.000 iscritti al Registro in qualità di collaboratori di intermediari “principali”), nei confronti dei quali siamo chiamati a effettuare verifiche di conformità, a svolgere un'azione di indirizzo volta alla diffusione di buone pratiche, a contrastare abusivismo e truffe, oggetto naturalmente di doverosa segnalazione all’Autorità giudiziaria.
Nei mesi scorsi abbiamo definito un nuovo quadro di regole sulla formazione degli intermediari. Il regolamento disegna un sistema a nostro giudizio più efficace ma anche più flessibile e meno costoso.
Non nascondo che l'impegno di vigilanza nei confronti degli intermediari assicurativi – capillare e nostro malgrado spesso formalistico e sanzionatorio – assorbe risorse che preferiremmo impiegare in compiti socialmente più utili.
Pensavamo che il problema fosse stato risolto dalla stessa legge istitutiva dell’IVASS, la quale prevedeva la nascita di un nuovo Organismo di vigilanza sugli intermediari assicurativi su cui l'IVASS avrebbe a sua volta esercitato la vigilanza, che in tal modo diventava indiretta. La soluzione era analoga a quella a suo tempo varata nel campo dei promotori finanziari con il relativo Albo vigilato dalla CONSOB e per gli agenti e mediatori creditizi con l'OAM, vigilato dalla Banca d'Italia. Ma il regolamento governativo che avrebbe dovuto attuare la previsione di legge non è mai stato emanato, sebbene sia trascorso ormai un anno dalla scadenza fissata.
A oggi non è possibile prevederne esiti e tempi. Mi sembra  un caso di scuola di quei provvedimenti legislativi la cui attuazione regolamentare viene dilazionata alle calende greche, in un clima di incertezza e di ostruzionismo da parte di portatori di interessi privati, per di più malintesi.
Le ricadute dell’inerzia sono pesanti. Lo sono per l’IVASS, dal punto di vista della pianificazione strategica e del migliore utilizzo delle proprie risorse, ma questo sarebbe il meno; lo sono soprattutto per gli operatori e per il pubblico, che potrebbero beneficiare di un sistema più snello ed efficace. Riteniamo siano necessarie modifiche al quadro normativo anche riguardo all’impianto sanzionatorio. Oggi l'efficacia dissuasiva delle sanzioni pecuniarie irrogate agli intermediari è quasi nulla, perché non pagarle è la regola: nel 2014, a fronte di provvedimenti sanzionatori per circa 4 milioni di euro, sono affluiti nelle casse dell’Erario meno di 300.000 euro.  
È necessario che si faccia chiarezza, nel pubblico interesse, sul futuro di questa norma inattuata. Non va persa l'occasione di razionalizzare il sistema – non solo nella gestione del registro, ma anche nell’apparato sanzionatorio – e di responsabilizzare gli intermediari, nell’ambito di un Organismo che ne accrediti il ruolo di autogoverno, sotto la supervisione dell’IVASS.
Non staremo ad aspettare passivamente le sorti del provvedimento. Intendiamo progettare e realizzare, nell’ambito delle nostre competenze e prerogative, un sistema di gestione del Registro più moderno, semplice e razionale.

Conclusioni
La tutela del consumatore è un obiettivo pubblico in tutte le economie di mercato. In materia di servizi bancari e assicurativi la sensibilità delle pubbliche opinioni a episodi di cattiva condotta da parte degli intermediari finanziari si è fatta particolarmente acuta dopo la crisi globale. Si è invocata una presenza più attenta e severa delle autorità di regolazione e supervisione.
Appare paradossale che una tale ipersensibilità sia oggi forse maggiore in Europa che negli Stati Uniti, dove invece i casi di misconduct delle imprese e di trascuratezza delle autorità sono stati negli ultimi anni più numerosi e gravi. Ma va tenuto presente che, in quel paese, storia e cultura bilanciano più che da noi tutela pubblica e responsabilità personale del consumatore.
L'IVASS è attento da molto tempo alla funzione di tutela nel campo assicurativo. Aggiungo che anche la Banca d'Italia sta accrescendo risorse e sforzi dedicati a questa funzione nel campo bancario. Siamo consapevoli sia delle responsabilità che la legge e le attese dei risparmiatori ci affidano, sia dei pericoli di inefficacia che a volte pesano sulla nostra azione.
Le regole pratiche che cerchiamo di seguire ci aiutano. Essere trasparenti sul nostro modus operandi. Ricorrere a nostre indagini campionarie, non fare affidamento solo su reclami e segnalazioni di altri. Sforzarci di capire le scelte dei consumatori in un mondo di continue innovazioni tecnologiche e finanziarie, che non presentano solo rischi ma anche opportunità. Quindi, non partire dal presupposto, paternalistico, di sapere sempre che cosa è meglio per loro. Essere umilmente consapevoli del fatto che gli operatori di mercato hanno sempre un vantaggio informativo rispetto a noi regolatori sul comportamento dei clienti.
La miglior tutela del consumatore, oltre che in una sana concorrenza, sta in una comunanza di interessi: delle autorità pubbliche a colmare le asimmetrie informative sul mercato; delle imprese ben gestite a salvaguardare la reputazione nel lungo periodo, da cui dipendono i loro destini.

News Reporter